L’inflazione supera l’800%, l’aspettativa di vita alla nascita si aggira sui 42 anni, la mortalità infantile è di circa il 21% (un bambino su 5 non sopravvive al 5° anno di età) e l’AIDS in alcune aree del paese colpisce 113 della popolazione. Il sistema sanitario pubblico è totalmente abbandonato: strutture fatiscenti, mancanza assoluta di attrezzature e di farmaci, operatori pochi, demotivati e mal pagati. La spesa sanitaria è al di sotto dei 34 dollari/pro capite soglia che l’OMS considera necessaria per garantire ai cittadini l’accesso a un pacchetto di servizi sanitari essenziali. In questo contesto a 35 Km dal centro di Kinshasa, a Mont Ngafula,vive la Prof.ssa Laura Perna, al momento novantenne, Direttrice Emerita dell’Istituto di Pneumologia all’Università di Siena, che al momento della pensione (1998) sentendosi ancora in piena forma e per nulla stanca, decise di cominciare un nuovo capitolo trasferendosi in Africa: prima brevemente in Uganda e in Camerun e poi, definitivamente, in Congo dove grazie all’aiuto di un Claritiano, Padre Ugo Rios, cileno, e medico come noi, ha fondato e manda avanti un Ospedale Pediatrico dove i bambini non trovano solo cure, ma anche tanto amore. Così è nata la Fondation Pédiatrique de Kimbondo (FPK), riconosciuta come Fondazione Congolese di Diritto, che accoglie e cura gratuitamente i bambini ammalati che vi si rivolgono. Attualmente la FPK comprende un Ospedale e una Casa di Accoglienza. L’Ospedale articolato in padiglioni Medicina Generale,Cardiologia,Tubercolosi Polmonare ed Ossea,riabilitazione per handicap, Radiologia- Ecografia e Laboratorio Analisi, Trasfusionale e Neonatologia) dispone di 250 posti (sempre tutti occupati). Ogni giorno è attivo un ambulatorio “per esterni “che effettua 80-100 prestazioni (visita medica, esami di laboratorio e radiologici) con consegna, nel pomeriggio,dei risultati.
I casi più gravi vengono ricoverati, mentre agli altri vengono consegnati dei farmaci e/o una prescrizione medica. Affiancata all’Ospedale esiste una Casa di Accoglienza per i bambini orfani o abbandonati: il loro numero è variabile (al momento circa 400), ma a tutti viene garantita anche l’istruzione: i i bambini in età scolare al mattino vanno a scuola e nel pomeriggio si occupano dei più piccoli, mentre i più grandi si occupano della fattoria. Negli anni nel tentativo di realizzare almeno una parziale autosufficienza è stata creata, nella sottostante valle ricca di acqua, una vera e propria fattoria dove, oltre alla coltivazione del mais e della palma da olio, si allevano galline e maiali,si manda avanti l’orto e, di recente, è stata costruita una vasca per la piscicoltura. L’approvvigionamento idrico di tutta la struttura è, al momento, da pompe solari dono della solidarietà italiana. Molte persone prestano servizio nella Pediatria. L’équipe medica oltre che dalla Prof. Laura Perna e dal Dr. Rios è composta da tre medici congolesi e si avvale di alcuni specialisti esterni (a pagamento) quali ortopedico, cardiologo etc.
Inoltre ci sono infermieri e addetti ai servizi per un totale di circa 101 persone (tutte congolesi) oltre alla presenza quasi costante di 2 volontarie italiane e ad un certo numero di volontari (sanitari e non) che durante l’anno vi si alternano. I bambini sono gli assoluti protagonisti di questa realtà. Agli orfani di guerra, ai bambini ex soldato o a quelli che vivono sulle strade perché abbandonati dalle famiglie, che non sono in grado di sfamarli, si aggiungono gli “ndoki” (letteralmente da buttare) “les enfants sorciers”, “i figli maledetti”, cacciati di casa perché accusati di stregoneria. <<Quando- spiega Mama Coco (così viene chiamata la dottoressa Perna) -in una famiglia accade qualcosa di spiacevole o doloroso, la perdita del lavoro o la morte di un parente prossimo,la viene data al malocchio e si cerca dunque il colpevole. Così gli adulti vanno dai santoni delle varie chiese cristiane che proliferano e che promettono miracoli e prodigi. Quei falsi profeti individuano i bambini come i responsabili del maleficio, meglio se i piccoli sono affetti da malattie psichiche o da deformazioni fisiche che li rendono diversi. I genitori e i parenti non fanno fatica a credere che siano posseduti dal demonio. I piccoli, marchiati come portatori del male, vengono riempiti di botte, torturati, seviziati e, infine, portati dall’esorcista. E l’inizio della fine. I supplizi diventano infiniti: seviziati con ferri incandescenti, gettati nelle fiamme, aperti con coltellacci per far uscire dalle ferite il diavolo». I costi annui documentati della Pediatria nel 2007 sono stati di circa 700.000 $e si presume che aumenteranno del 30% alla fine del 2009. Tutto questo sta in piedi grazie allo straordinario lavoro di Padre Rios e di Laura Perna capaci di coinvolgere sempre persone disposte ad aiutarli nella loro opera: ognuno fa quello che può, quello che sa fare. E quindi ci va il medico, il falegname, l’elettricista, l’educatore, l’agronomo, l’infermiere, e persino chi vuole sentirsi per un attimo papà o mamma dei tanti bambini. E Kimbondo accoglie tutti, allo stesso modo, perché tutti siamo importanti e utili in quel contesto bisognoso di tutto: competenze, affetto, generosità. Personalmente considero un regalo la possibilità di essere stato ospitato alla Pediatria anche se quell’ambiente va avvicinato con cautela perché troppo povero. Si corre il rischio di soffermarci poco sull’impatto e le conseguenze che le nostre abitudini possono avere sulla gente: i nostri telefonini, il nostro abbigliamento, le nostre apparecchiature elettroniche, l’utilizzo dell’acqua, la loro acqua, di cui loro stessi non possono sempre disporre nelle loro case. Le “mamà” che vi lavorano (stipendio 40/50 $ al mese) ci sorridono, ma in realtà ci invidiano e un po’ forse ci detestano: a casa hanno bambini, spesso numerosi, che non sempre riescono a sfamare e non capiscono il perché ci si dia tanto da fare per mantenere bimbi gravemente handicappati mentre i loro figli, sani, non possono né studiare né mangiare. Noi siamo i bianchi che per un soggiorno alla Pediatria possono pagare un biglietto aereo equivalente a due anni della loro paga. In Congo si vive di niente, si muore in silenzio e con dignità,si lavora nella disperazione di non poter fare di più. Noi viviamo in un mondo agiato e sprecone, non costa molto qualche volta ricordarci di chi ha meno di noi, di tutti quei bambini con grandi occhi e grande pance a cui basta un sorriso e una carezza per stare un po’ meglio.